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mercoledì 31 marzo 2010

La patata Sieglinda di Galatina

Non tutti certamente sanno che nel Salento si produce una particolare varietà di patata derivante proprio dalla famosa cultivar tedesca Sieglinda. La differenza è però dovuta a due componenti importanti, la profondità dei terreni
locali e l'anticipazione del tempo di coltura estremamente precoce, particolari che rendono questo tipo di patata particolarmente gustosa e indicata per alcuni tipi di piatti.

La patata, Solanum Tuberosum, e proviene dalle coltivazioni del XVI secolo scoperte nell'America Centro-Meridionale, dove si diffuse nel secolo seguente nell'area central
e del Vecchio Continente.
Il prodotto della pianta non è il frutto, ma il
tubero, ricco di amido sino ad arrivare all'85% in peso della parte edibile (cioè priva dell'acqua, componente essenziale e principale dei vegetali).
Le caratteristiche chimico-organiche del tubero la rendono sostitutiva dei
cereali, da questo il largo uso nei paesi dell'Europa Centrale.
La molteplicità di utilizzi la rendono tra i prodotti della terra maggiormente malleabili e duttili, utilizzati come piatto principale, come contorno, come dolce, ecc.
La varietà Sieglinda di Galatina è dotata di polpa gialla, dimensione piccola, tubero allungato, sapore deciso e consistenza fondente. L'uso preminente nel territorio di produzione è, infatti, quello della "pitta" oppure "schiuma di patata", vale a dire uno sformato ripieno di formaggio e salame, composto in modo diverso asseconda delle origini territoriali.
Ottimi connubi si hanno anche con altri elementi come la cipolla e le olive che insieme vanno a creare la famosa focaccia di patate con la cipolla.
Infine l'utilizzo in accoppiamento con pesce e carne è costituente del piatto unico mediterraneo d'eccellenza.
Insomma una vera delizia.
immagine tratta da : La via delle Spezie

domenica 28 marzo 2010

La mozzarella di Bufala Campana


Tutto nasce dall'introduzione dell'allevamento del Bufalo nelle fertili valli del fiume Sele, in Campania, addirittura con testimonianze del VII secolo.
Caratteristiche di questa chicca della maestria casearia italiana è sicuramente la freschezza dei sapori e l'unicità del gusto, con una sapidità equilibrata ed un buon grado di umidità.
La mozzarella di bufala è prodotta con latte di bufala, un bovino importato dall'Asia e dall'Africa, amante degli ambienti umidi e paludosi, quindi ben adattato alle condizioni climatiche del Sud Italia. Principalmente allevato in stabulazione semilibera, vale a dire in grandi recinti sotto controllo, ma non al completo pascolo. La dimensione delle mozzarelle varia da 80 a 200 g e avendo ottenuto il riconoscimento DOP (Denominazione di Origine Protetta), presenta delle caratteristiche intrinseche indicate nel Disciplinare di Produzione approvato: "crosta sottilissima, superficie lucida, consistenza leggermente elastica nelle prime ore di caseificazione e poi sempre più fondente".
Infine come testualmente recita lo stesso disciplinare: "al taglio lascia scolare sierosità biancastre dal profumo di fermenti lattici". Particolare non trascurabile è il basso contenuto di grassi per un latticino (circa il 52%).
La produzione della mozzarella, formaggio a pasta filata, appunto "mozzata" dopo essere stata impastata dal casaro e stretta tra indice e pollice e immersa in una salamoia fredda.

Per Conservare e gustare al meglio la Mozzarella di Bufala Campana d.o.p.:

mantenerla sempre immersa nel suo liquido, fino al momento di mangiarla;
(al momento del consumo si può anche 'sciacquarla' superficialmente con l'acqua del rubinetto se la si preferisce meno sapida).

conservarla in un luogo fresco (eventualmente, in estate, nel frigo a non meno di 12 °C)

L'ideale è conservare le buste integre a ''bagnomaria'' in acqua fresca (15 °C circa) d'estate
e tiepida (18 - 20 °C circa) in inverno.

se conservata in frigorifero a bassa temperatura, per gustarla meglio si può immergerla in acqua calda (35-40°) per circa cinque minuti prima del consumo; va comunque lasciata almeno mezz'ora a temperatura ambiente prima di metterla nell'acqua calda;

(informazioni tratte dal sito mozzarelladibufala.org


lunedì 22 marzo 2010

Sua maestà il Riso – parte prima



In ogni corte che si rispetti è presente un Re, nella corte dei cereali esiste un solo Re ed un solo principe, il primo è senza dubbio il Frumento o grano, il secondo è sicuramente il Riso.

Il riso è il cereale più importante per l’agricoltura mondiale, con una superficie occupata di circa 130 milioni di ettari, inferiore appunto solo a quella occupata dal grano. La sua produzione complessiva si aggira intorno ai 4 miliardi di quintali. La risicoltura è diffusissima in Asia (Cina, India, Giappone, ecc.) dove però non si ottengono produzioni elevatissime. Il continente dove ha minore importanza è l’Europa, dove contrariamente si raggiungono le maggiori produzioni unitarie per ettaro. Il massimo contributo europeo è detenuto dall’Italia che ne detiene anche il primato per produzione.

Il riso è stato introdotto in Italia nella seconda metà del secolo XV trovando condizioni favorevoli sia climatiche che morfologiche del terreno, con risultati eccellenti per varietà e per quantità.

Dal seme del riso (Oryza Sativa) germinante nell’acqua, spuntano il fusticino e poi le radichette embrionali, da questo primordio si otterranno le robuste radici numerose che ancoreranno la pianta nel terreno.

Al termine del ciclo produttivo la cariosside della pianta del riso è composto dalle glumelle che lo avvolgono (risone). Dal momento della raccolta parte l’attività della lavorazione con lo scopo di staccare le glumelle ed anche il pericarpo della cariosside dal chicco vero e proprio. Le varie fasi di lavorazione producono anche delle particolari produzioni con la possibilità di ottenere, a passi successivi, il riso bianco come prodotto finale. Dalla lavorazione si ottengono successivamente questi prodotti: riso ripulito, riso sbramato, riso mercantile, riso raffinato (che è quello maggiormente usato in cucina pronto per ulteriori lavorazioni speciali).

Il riso ha una composizione chimica con circa il 75-78% di amido, molto bassa invece la percentuale proteica (circa il 6-7%). I grassi già bassissimi (circa il 3%) nel prodotto integrale, diminuiscono ulteriormente dopo la lavorazione.

Secondo la normativa in materia il riso è classificabile in: comune, semifino, fino e superfino, in ordine decrescente di grossezza dei chicchi e di resistenza alla cottura.








Il Riso comune ha chicchi con forma tondeggiante, piccoli ed opachi ha una lunghezza inferiore ai 5,4 mm. Sono ideali per preparazioni di minestre, timballi, dolci, la caratteristica di rilasciare una buona quantità di amido gli consente di legare altri sapori. Tra le varietà in più pregiate ricordiamo il Cripto, il Balilla, il Selenio.




Il Riso fino ha dei chicchi leggermente più grossi dei comuni, superiore ai 6,4 mm, lunghi, grossi e vitrei. Alla cottura appaiono compatti e risultano adatti per insalate, contorni, e risotti compatti. Tra le varietà più importanti il Ribe, l’Ariete e il S.Andrea.




Per il Riso semifino si passa a risi di livello importante, con forma tonda e semiallungata, con lunghezza massima di 6,4 mm. Durante la cottura ha una buona capacità di rilasciare amido e quindi di legare gli altri ingredienti, perciò adatto a risotti morbidi, supplì, timballi farciti. Le varietà più famose e conosciute sono il Padano, il Vialone Nano, il Lido.




Il Riso superfino, racchiudono qualità al top, dotati di una lunghezza del chicco superiore ai 6,4 mm, con un colore bianco vitreo e lucente. Durante la cottura rilasciano pochissimo amido, tanto che l’acqua di cottura appare trasparente. Queste varietà tengono molto bene la cottura e si presentano con chicchi separati cristallini, sapidi e intensi. Ideali per preparazioni di piatti unici, risotti con ingredienti delicati (pesce, paella). Tra le varietà migliori il Baldo, il Roma, l’Arborio e l’impareggiabile Carnaroli.



Per ottime ricette:

http://laviadellespezie.blogspot.com/2009/09/risotto-alla-zucca-con-spiedino-filante.html

http://aniceecannella.blogspot.com/2008/11/i-suppl-di-riso-o-al-telefono.html

http://lacucinadicalycanthus.net/?p=453

Gabriele Ruggiero

domenica 21 marzo 2010

Non solo... LATTE !

Il latte è certamente tra gli alimenti più importanti per la dieta mediterranea, ma anche per la sopravvivenza basilare umana. Infatti è ricco di tutti i prin
cipi nutritivi importanti e necessari per il sostentamento, tra cui proteine, zuccheri, grassi e una cospicua percentuale di calcio.
L'enorme varietà di tipi di latte presenti in commercio ci fa capire che da ciò ne deriva una produzione enorme di ulteriori derivati. Abbiamo latti di vacca, di capra, di pecora, di bufala, ma anche latte d'asina o di altri animali esotici o erbivori orientali.
Queste varietà ci consentono di definire oltre 1500 tipi di derivati dal latte presenti.
In particolare il Formaggio è un elemento estremamente versatile e duttile in cucina, può comparire sia come elemento principale di un pranzo chic oppure un accostamento ad un frugale spuntino.
Essenzialmente il formaggio è da considerarsi un punto di riferimento della tavola, sia per le diverse modalità di portata, sia per le svariate forme in cui è prodotto.
Formaggi a pasta molle, cremosi, stagionati, semi-stagionati, erborinati, a pasta secca, e ancora variabili in funzione delle modalità di invecchiamento, al fieno, ubriaco, di fossa, ecc.
Ancora abbiamo gli yogurt e il burro. Entrambi prodotti dal grasso del latte, il primo grazie al lavoro di batteri Saccharomices, che agiscono sulla fermentazione controllata del latte, il secondo estraendo direttamente i grassi racchiusi nel latte.

martedì 2 marzo 2010

Una fantastica avventura…una cena da Carlo Cracco




Ebbene si, ogni tanto è giusto concedersi qualche lusso, ci ricorda che nella vita non esistono soltanto i

bisogni primari. In fin dei conti ammetteva bene il grande scrittore francese Alphonse Karr “è ricco chi desidera soltanto ciò che gli fa veramente piacere” e non potrebbe essere massima più azzeccata per il particolare momento.

L’esperienza avuta presso il pluripremiato Ristorante Cracco di Milano, merita una menzione d’onore. La grandezza di un Maestro è appunto evidente in questi momenti di innalzamento della cultura gastronomica, un perfetto connubio tra i sapori gustati e quelli immaginati e riscoperti.

Durante la mia ultima visita a Milano sono

stato ospite dello Chef Carlo Cracco che oggi, al pari

di un pittore, di un designer, di uno stilista pone il suo estro su di un piatto e si rimette al giudizio di chi, in quella creazione, rivive momenti che vanno ben oltre il semplice bisogno del cibarsi.

Parliamo del riabilitare la “memoria del palato”, la straordinaria capacità di un gusto che fa tornare bambini, la nostalgia di sapori antichi richiamati all’attualità.

Una straordinaria presenza di una multiforme varietà di prodotti provenienti da tutta Italia, abbinati alla maestria creativa dello Chef ci ha fatto vivere dei momenti di una entusiasmante ricchezza culturale.

Andando sul tecnico e sullo specifico parliamo di piatti come la trippa di baccalà con il coniglio sfilettato, la Creme Brulèè all’olio extra vergine d’oliva e

cannolicchi o ancora i famosi spaghetti con ricci di mare e polvere di caffè e tanti altri, in un carosello di prelibatezze poste in un’ottica completamente innovata. Piatti rivisitati che comunque conferiscono alla cena un’elevata forma di individualità e bellezza che molto spesso si traduce in ricordo di gusti che sempre più vanno scomparendo, ma che in questo modo rimangono indelebili.

L’abbinamento dei vini è stato impeccabile spaziando dalle peculiarità nostrane sino a vini francesi di nicchia e grandi vini d’annata.

In conclusione si può effettivamente affermare che la fama e la popolarità può essere convalidata ed accettata proprio in questi momenti di conferma dello spessore culturale di un protagonista della gastronomia italiana ed internazionale.

lunedì 1 marzo 2010

Il Coquillage parte prima… il cannolicchio


Da sempre le conchiglie hanno affascinato l’uomo per le proprie forme, i colori madreperlati, le dimensioni tra le più diverse. Se si considerano solo quelli commestibili i molluschi ospiti di conchiglie, lasciano da parte i cefalopodi, sono comunemente suddivisi in univalvi e bivalvi, anche se scientificamente dovremmo indicarli come “gasteropodi” e “lamellibranchi”. Sono animali molto semplici che hanno colonizzato i fondali marini qualche centinaia di anni fa, non dovendo andare a caccia di prede, hanno perso gli organi di locomozione e la testa, mantenendo solo la bocca.


Le loro conchiglie sono scrigni nei quali si racchiudono, attendendo che il cibo, plancton e particelle organiche disperse nell’acqua di mare, passino nel loro spiraglio, aperto quando non sono minacciate, da ciò il nome di organismi “filtratori”.

Sebbene non possano essere aggressivi, per l’uomo hanno un considerevole grado di pericolosità, dovuto soprattutto alla capacità di assimilare anche composti poco salubri e di digerirli. Pertanto è consigliabile l’acquisto solo di prodotti provvisti di etichetta sanitaria e conservati in acqua con risciacquo continuo.

Tra questi animali invertebrati risulta molto popolare il “Cannolicchio” scientificamente Ensis ensis. È diffuso lungo tutti i litorali europei dalla Norvegia alle coste della Spagna. È un mollusco bivalve con la conchiglia a forma tubolare di colore verde oliva e marrone. L’interno è bianco con sfumature violacee. Vive infossato nei fondali sabbiosi. Il piede che è la parte commestibile, riempie per intero le valve.

Con un’attenta cottura, il cannolicchio regala un sapore particolarissimo, a metà tra l’aragosta e la capasanta, dolce e succulenta.

Nella preparazione andrebbe evitato lo stomaco del mollusco. Una cottura a vapore con brodo profumato alle spezie oppure in zuppe a base di latte lo esaltano. Può essere usato anche come condimento per pasta o alla griglia, semplicemente con olio d’oliva, sale e pepe.