Translator
sabato 27 novembre 2010
Un Magico Natale
lunedì 8 novembre 2010
Un Magico Natale

Sono aperte le iscrizioni, per info accademiamediterranea@gmail.com.
Accorrete numerosi.
lunedì 1 novembre 2010
Accademia Mediterranea della Gastronomia

giovedì 5 agosto 2010
Castro... il più bel mare del Salento
lunedì 12 luglio 2010
Il re della pasticceria salentina: il Pasticciotto
Come diceva il grande Alessandro Manzoni “gola e vanità, due passioni che crescono con gli anni” in effetti è proprio l’antico modo di preparare pietanze che genera i migliori piatti della nostra tradizione. Un’irrefrenabile delicatezza assolutamente non privabile, la gola rimane insieme alla vanità tra i difetti più difficili da eliminare.
Particolare della tradizione gastronomica salentina rimane assolutamente unica e incomparabile, la pasticceria.
Il dolce dialoga con il nostro profondo essere, con le sue sconfinate varietà di creme, di sfoglie, di glasse, di pan di spagna, di liquori odorosi.
E se questo è vero per la pasticceria nazionale, lo è ancora di più per quella regionale, dove la ricchezza degli ingredienti si sposa con la fantasia delle forme e dei colori.
Le regioni del Sud hanno storicamente una propensione al consumo di dolci, tanto che in nessun’altro territorio si è mai inventato, prodotto e realizzato una così grande quantità e varietà.
Volendo ricalcare la linea storica, il Salento si è trovato nei secoli al centro di domini e influenze di tanti popoli. È evidente come un passato così ricco non abbia potuto che lasciare in eredità un panorama variegato di giacimenti gastronomici soprattutto di prodotti tipici.
Le diversità, originate dalle differenti influenze culturali, si sono incrociate con quelle determinate dalla diversità tra cucina della costa e dell’entroterra, aspetto da non sottovalutare che accresce ancora di più le differenze culinarie tra due luoghi poco distanti.
L’influenza di popoli come i greci, i romani, ma anche i turchi, i saraceni e ancora dopo gli spagnoli, hanno portato un vero e proprio “miscuglio” di tradizioni, culture e visioni che hanno modificato e sviluppato ogni aspetto della vita quotidiana, sino ad arrivare proprio ad inglobarsi con il piacere della gola e della tavola. È proprio grazie all’influenza degli arabi che si deve l’introduzione della cannella, delle spezie e degli agrumi all’interno dei dolci tipici salentini.
Baluardo della nostra centenaria tradizione è il pasticciotto salentino, riconosciuto prodotto a denominazione protetta solo ultimamente grazie all’inserimento nell’elenco regionale. Le origini dello stesso appaiono confuse e poco note, soprattutto per via delle leggende paesane e popolari che lo attribuiscono a questo o quel pasticcere dei nostri paesi. In realtà la dominazione spagnola che si è protratta sino al ‘700 ha lasciato uno strascico importante, sia per via delle influenze dialettali e linguistiche, ma soprattutto per quanto riguarda le tradizioni, anche gastronomiche.
Il nostro pasticciotto, preparato con un involucro di pasta frolla rigorosamente realizzata con strutto e uova, ripiena di delicata crema pasticcera va mangiato caldo, ma non bollente. Un gusto ineguagliabile e inconfutabile lo rendono il principe della nostra pasticceria, abbinato ad un ottimo cappuccino è una colazione perfetta, ma viene apprezzato, alla “leccese” alla fine di un buon pranzo domenicale.
Le origini non sono chiare, per ovvie ragioni di mancanza di ricette scritte e codificate, ma dagli studi condotti è sicuramente originato dall’introduzione dell’utilizzo da parte degli spagnoli dello strutto e della crema, ancora oggi in diverse ricette, come ad esempio il dolce tipico Roscon de Reyes, un anello in pasta frolla ripieno di crema o panna e canditi. L’analogia è abbastanza marcata, anche con i canditi che nella nostra torta pasticciotto vengono sostituiti da golose amarene intere.
Ad ogni buon conto oggi il pasticciotto è diventato una star delle nostre pasticcerie con eccezionali variazioni sul tema sviluppate dai nostri maestri, abbinato alla crema al limone con una spolverata di zucchero a velo oppure con crema al cioccolato e infine in una delle ultime varianti con frolla al cioccolato e crema di cioccolato, insomma una vera ebbrezza per le avide papille gustative di gastronomi d’elite.
sabato 1 maggio 2010
Ripresa attività
mercoledì 31 marzo 2010
La patata Sieglinda di Galatina


domenica 28 marzo 2010
La mozzarella di Bufala Campana

Per Conservare e gustare al meglio la Mozzarella di Bufala Campana d.o.p.:
mantenerla sempre immersa nel suo liquido, fino al momento di mangiarla;
(al momento del consumo si può anche 'sciacquarla' superficialmente con l'acqua del rubinetto se la si preferisce meno sapida).
conservarla in un luogo fresco (eventualmente, in estate, nel frigo a non meno di 12 °C)
L'ideale è conservare le buste integre a ''bagnomaria'' in acqua fresca (15 °C circa) d'estate
e tiepida (18 - 20 °C circa) in inverno.
se conservata in frigorifero a bassa temperatura, per gustarla meglio si può immergerla in acqua calda (35-40°) per circa cinque minuti prima del consumo; va comunque lasciata almeno mezz'ora a temperatura ambiente prima di metterla nell'acqua calda;
(informazioni tratte dal sito mozzarelladibufala.org
lunedì 22 marzo 2010
Sua maestà il Riso – parte prima

In ogni corte che si rispetti è presente un Re, nella corte dei cereali esiste un solo Re ed un solo principe, il primo è senza dubbio il Frumento o grano, il secondo è sicuramente il Riso.
Il riso è il cereale più importante per l’agricoltura mondiale, con una superficie occupata di circa 130 milioni di ettari, inferiore appunto solo a quella occupata dal grano. La sua produzione complessiva si aggira intorno ai 4 miliardi di quintali. La risicoltura è diffusissima in Asia (Cina, India, Giappone, ecc.) dove però non si ottengono produzioni elevatissime. Il continente dove ha minore importanza è l’Europa, dove contrariamente si raggiungono le maggiori produzioni unitarie per ettaro. Il massimo contributo europeo è detenuto dall’Italia che ne detiene anche il primato per produzione.
Il riso è stato introdotto in Italia nella seconda metà del secolo XV trovando condizioni favorevoli sia climatiche che morfologiche del terreno, con risultati eccellenti per varietà e per quantità.
Dal seme del riso (Oryza Sativa) germinante nell’acqua, spuntano il fusticino e poi le radichette embrionali, da questo primordio si otterranno le robuste radici numerose che ancoreranno la pianta nel terreno.
Al termine del ciclo produttivo la cariosside della pianta del riso è composto dalle glumelle che lo avvolgono (risone). Dal momento della raccolta parte l’attività della lavorazione con lo scopo di staccare le glumelle ed anche il pericarpo della cariosside dal chicco vero e proprio. Le varie fasi di lavorazione producono anche delle particolari produzioni con la possibilità di ottenere, a passi successivi, il riso bianco come prodotto finale. Dalla lavorazione si ottengono successivamente questi prodotti: riso ripulito, riso sbramato, riso mercantile, riso raffinato (che è quello maggiormente usato in cucina pronto per ulteriori lavorazioni speciali).
Il riso ha una composizione chimica con circa il 75-78% di amido, molto bassa invece la percentuale proteica (circa il 6-7%). I grassi già bassissimi (circa il 3%) nel prodotto integrale, diminuiscono ulteriormente dopo la lavorazione.

Secondo la normativa in materia il riso è classificabile in: comune, semifino, fino e superfino, in ordine decrescente di grossezza dei chicchi e di resistenza alla cottura.

Il Riso comune ha chicchi con forma tondeggiante, piccoli ed opachi ha una lunghezza inferiore ai 5,4 mm. Sono ideali per preparazioni di minestre, timballi, dolci, la caratteristica di rilasciare una buona quantità di amido gli consente di legare altri sapori. Tra le varietà in più pregiate ricordiamo il Cripto, il Balilla, il Selenio.

Il Riso fino ha dei chicchi leggermente più grossi dei comuni, superiore ai 6,4 mm, lunghi, grossi e vitrei. Alla cottura appaiono compatti e risultano adatti per insalate, contorni, e risotti compatti. Tra le varietà più importanti il Ribe, l’Ariete e il S.Andrea.

Per il Riso semifino si passa a risi di livello importante, con forma tonda e semiallungata, con lunghezza massima di 6,4 mm. Durante la cottura ha una buona capacità di rilasciare amido e quindi di legare gli altri ingredienti, perciò adatto a risotti morbidi, supplì, timballi farciti. Le varietà più famose e conosciute sono il Padano, il Vialone Nano, il Lido.

Il Riso superfino, racchiudono qualità al top, dotati di una lunghezza del chicco superiore ai 6,4 mm, con un colore bianco vitreo e lucente. Durante la cottura rilasciano pochissimo amido, tanto che l’acqua di cottura appare trasparente. Queste varietà tengono molto bene la cottura e si presentano con chicchi separati cristallini, sapidi e intensi. Ideali per preparazioni di piatti unici, risotti con ingredienti delicati (pesce, paella). Tra le varietà migliori il Baldo, il Roma, l’Arborio e l’impareggiabile Carnaroli.
Per ottime ricette:
http://laviadellespezie.blogspot.com/2009/09/risotto-alla-zucca-con-spiedino-filante.html
http://aniceecannella.blogspot.com/2008/11/i-suppl-di-riso-o-al-telefono.html
http://lacucinadicalycanthus.net/?p=453
Gabriele Ruggiero
domenica 21 marzo 2010
Non solo... LATTE !


martedì 2 marzo 2010
Una fantastica avventura…una cena da Carlo Cracco


Ebbene si, ogni tanto è giusto concedersi qualche lusso, ci ricorda che nella vita non esistono soltanto i
bisogni primari. In fin dei conti ammetteva bene il grande scrittore francese Alphonse Karr “è ricco chi desidera soltanto ciò che gli fa veramente piacere” e non potrebbe essere massima più azzeccata per il particolare momento.
L’esperienza avuta presso il pluripremiato Ristorante Cracco di Milano, merita una menzione d’onore. La grandezza di un Maestro è appunto evidente in questi momenti di innalzamento della cultura gastronomica, un perfetto connubio tra i sapori gustati e quelli immaginati e riscoperti.
Durante la mia ultima visita a Milano sono
stato ospite dello Chef Carlo Cracco che oggi, al pari
di un pittore, di un designer, di uno stilista pone il suo estro su di un piatto e si rimette al giudizio di chi, in quella creazione, rivive momenti che vanno ben oltre il semplice bisogno del cibarsi.
Parliamo del riabilitare la “memoria del palato”, la straordinaria capacità di un gusto che fa tornare bambini, la nostalgia di sapori antichi richiamati all’attualità.
Una straordinaria presenza di una multiforme varietà di prodotti provenienti da tutta Italia, abbinati alla maestria creativa dello Chef ci ha fatto vivere dei momenti di una entusiasmante ricchezza culturale.
Andando sul tecnico e sullo specifico parliamo di piatti come la trippa di baccalà con il coniglio sfilettato, la Creme Brulèè all’olio extra vergine d’oliva e
cannolicchi o ancora i famosi spaghetti con ricci di mare e polvere di caffè e tanti altri, in un carosello di prelibatezze poste in un’ottica completamente innovata. Piatti rivisitati che comunque conferiscono alla cena un’elevata forma di individualità e bellezza che molto spesso si traduce in ricordo di gusti che sempre più vanno scomparendo, ma che in questo modo rimangono indelebili.
L’abbinamento dei vini è stato impeccabile spaziando dalle peculiarità nostrane sino a vini francesi di nicchia e grandi vini d’annata.
In conclusione si può effettivamente affermare che la fama e la popolarità può essere convalidata ed accettata proprio in questi momenti di conferma dello spessore culturale di un protagonista della gastronomia italiana ed internazionale.
lunedì 1 marzo 2010
Il Coquillage parte prima… il cannolicchio

Da sempre le conchiglie hanno affascinato l’uomo per le proprie forme, i colori madreperlati, le dimensioni tra le più diverse. Se si considerano solo quelli commestibili i molluschi ospiti di conchiglie, lasciano da parte i cefalopodi, sono comunemente suddivisi in univalvi e bivalvi, anche se scientificamente dovremmo indicarli come “gasteropodi” e “lamellibranchi”. Sono animali molto semplici che hanno colonizzato i fondali marini qualche centinaia di anni fa, non dovendo andare a caccia di prede, hanno perso gli organi di locomozione e la testa, mantenendo solo la bocca.
Le loro conchiglie sono scrigni nei quali si racchiudono, attendendo che il cibo, plancton e particelle organiche disperse nell’acqua di mare, passino nel loro spiraglio, aperto quando non sono minacciate, da ciò il nome di organismi “filtratori”.
Sebbene non possano essere aggressivi, per l’uomo hanno un considerevole grado di pericolosità, dovuto soprattutto alla capacità di assimilare anche composti poco salubri e di digerirli. Pertanto è consigliabile l’acquisto solo di prodotti provvisti di etichetta sanitaria e conservati in acqua con risciacquo continuo.
Tra questi animali invertebrati risulta molto popolare il “Cannolicchio” scientificamente Ensis ensis. È diffuso lungo tutti i litorali europei dalla Norvegia alle coste della Spagna. È un mollusco bivalve con la conchiglia a forma tubolare di colore verde oliva e marrone. L’interno è bianco con sfumature violacee. Vive infossato nei fondali sabbiosi. Il piede che è la parte commestibile, riempie per intero le valve.
Con un’attenta cottura, il cannolicchio regala un sapore particolarissimo, a metà tra l’aragosta e la capasanta, dolce e succulenta.
Nella preparazione andrebbe evitato lo stomaco del mollusco. Una cottura a vapore con brodo profumato alle spezie oppure in zuppe a base di latte lo esaltano. Può essere usato anche come condimento per pasta o alla griglia, semplicemente con olio d’oliva, sale e pepe.
domenica 28 febbraio 2010
Alla Borsa Internazionale del Turismo 2010
venerdì 29 gennaio 2010
Il Rosato...il vino del Salento

domenica 24 gennaio 2010
Il cavallo è un animale buonissimo... beh anche da mangiare

Da tempo immemorabile la carne di cavallo viene consumata in Italia meridionale e in tutti i paesi mediterranei, pratica probabilmente dovuta ai retaggi storici legati alle dominazioni dei Saraceni intorno all’anno 1000. Anche in Francia, Belgio, Giappone e Canada, tra i paesi più innovativi, utilizzano la carne equina per le ricette più delicate e gustose. Nei paesi anglosassoni viene trovata ripugnante l’idea di mangiare il cavallo, dicono che preferirebbero mangiare il cavaliere.
La particolarità specifica di tale alimento è proprio il particolare gusto delicato rispetto al manzo e quindi la facilità di cottura e di frollatura. La carne equina è in effetti più sana e genuina della carne di manzo, per due motivi: il primo è dovuto all’elevata quantità di glicocene e quindi risulta più magra e con meno grassi e calorie; il secondo è dovuto al fatto che il cavallo non viene allevato in larga scala e di conseguenza i macellai non incontrano problemi legati all’allevamento intensivo.
Ricette importanti per il gusto di questo prelibato alimento si trovano radicate nelle tradizioni culinarie sia orientali sia occidentali (bistecca alla tartara, pezzetti di cavallo al sugo, tagliata di cavallo alla griglia, ecc.). Proprio la rapidità di cottura di questa carne consente di ottenere vari tipi di piatti tutti connotati dalla tenerezza della fibra e dal gusto delicatissimo.
(Foto tratta da "1001 cibi da provare nella vita")
giovedì 14 gennaio 2010
La migliore tra le Pesche
Presente per pochissime settimane nei frutteti della Valle del Rodano, la Pesca di Vigna è tra le prelibatezze più ricercate sulle tavole europee. L’aspetto esterno grigiastro e lanuginoso nascondono una polpa fragrante rossa o rosa che è considerata la migliore tra le famose drupe. Il nome deriverebbe, come la leggenda racconta, dal francese vigneto, legato proprio all’antica usanza di piantare i pescheti lungo i vitigni affinchè potessero difendere le malattie che colpirebbero le viti. Usanza in seguito estinta dopo lo spaventoso attacco di Fillossera del 1800 che decimò i vigneti di mezza Europa. L’origine comune della Pesca, che risale alla Cina di 3000 anni fa, le consente di essere riconosciuta in Oriente come simbolo di immortalità e del risveglio primaverile. In seguito fu introdotta probabilmente dai greci di Alessandro il Grande che la importò in Europa durante le sue scorribande in terra asiatica.
La polpa delicatamente profumata e gustosa ha il caratteristico sapore zuccherino, ma con un retrogusto di lampone muschiato e più vegetale. Fantastica se gustata annaffiata da un rosè secco che ne evidenzia il fruttosio. (http://www.lacucinadicalycanthus.net).
Immagine tratta da www.lacucinadicalycanthus.net
lunedì 11 gennaio 2010
La regina del mare: l'Ostrica di profondità di Gallipoli

L’elemento emblematico del lusso e della ricercatezza gastronomica viene assommato in questo mollusco dalle note proprietà afrodisiache e di eccellenza gustativa. L’ostrica è un mollusco filtratore,caratteristiche che la rendono pulita e semplice nel gusto, espressiva dell’essenza marina del luogo dove nasce e cresce. L’enorme rappresentatività di varietà e di controlli fa si che ne esistano una moltitudine di allevamenti dislocati in ogni parte del mondo, dal Giappone all’Australia ed alla Francia dove hanno imparato a classarle ed etichettarle con tecniche controlli di qualità molto esasperati.
Infatti la famosa Speciale Gillardeau francese, venduta in ceste di legno umide con strati di alghe che le mantengono fresche, perentoriamente vive al momento del consumo; come anche le Sydney rock australiane, allevata dal 1870 negli estuari in tutto il continente , con una consistenza carnosa e salata che si trasforma in dolce e cremosa al retrogusto. Infine anche il Giappone è un grande produttore di questo mollusco con la peculiare Hiroshima che con le dimensioni di circa 25 cm la rende tra le più importanti per consumi e qualità.
L’Ostrica di profondità mediterranea è tra le più rinomate e ricercate, non trovandosi a meno di 40 m di profondità. Gallipoli nel Salento è uno tra i luoghi di ricerca maggiore, con pezzi singoli che superano i 300 grammi di peso.
Queste ostriche vanno assaporate crude, in modo da sentire l’intenso sapore salmastro, ma privo delle sfumature metalliche ad essa associate, con vene di retrogusti marini eccezionali.
mercoledì 6 gennaio 2010
Del fiore...puoi mangiare il bulbo, cioè il "lampascione"


martedì 5 gennaio 2010
Il Salmone, questo conosciuto
